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La Storia di Fabrizio

Aggiornamento: 12 lug 2019


La mia storia. Ho 48 anni e vivo a Milano. A febbraio 2017 mi sottopongo al consueto controllo cardiologico annuale, essendo in cura dal 2007 per ipertensione arteriosa. In questa occasione, il cardiologo, dopo aver nuovamente riscontrato un valore di TSH vicino al limite superiore, indice di ipotiroidismo subclinico che mi accompagna da almeno 20 anni, mi consiglia un approfondimento endocrinologico. L'endocrinologo a cui quindi mi rivolgo mi prescrive Eutirox 25 mcg al giorno e un'ecografia tiroidea, esame a cui non mi sottopongo da almeno 15 anni. Preciso che non ho mai avvertito alcun fastidio né rigonfiamento nella zona della tiroide né, in generale, sul collo. Dall'ecografia, marzo 2017, si rileva “nodulo iso-ipoecogeno di 9 mm a margini in parte sfumati, senza vascolarizzazione”: la cosa mi stupisce e mi preoccupa moltissimo. L'endocrinologo mi tranquillizza perché le dimensioni sono molto contenute e mi consiglia di attendere e di fare una nuova ecografia di controllo dopo 8 mesi. Così i mesi da marzo a novembre sono abbastanza frustranti. Mi ritrovo con un nodulo che non “sento” fisicamente ma che so essere un corpo estraneo “negativo”, perché ha caratteristiche non rassicuranti. A novembre la conferma: rispetto a marzo risulta leggermente più grande e vascolarizzato. Per le sue caratteristiche va quindi controllato con ago aspirato. Il 19 dicembre l'ago aspirato. L'esito solo dopo le feste di Natale, il 10 gennaio. So che, da prassi, il reparto comunica in anticipo l'esito al paziente in caso di evidenza o di sospetto carcinoma. Pertanto, siccome arrivo al 10 gennaio senza essere avvisato, vado a ritirare il referto certo del buon esito. Arrivo lì informato sul significato della sigla TIR (e anche su tutto quello che ne deriva), così quando apro la busta e leggo TIR5, mi crolla il mondo addosso, il terrore mi assale. Il cancro mi ha portato via mia mamma nel 2005 e mia moglie nel 2013 e adesso mi ritrovo nuovamente coinvolto in questa guerra e penso alla mia bimba di 9 anni e al nostro destino. Sono quindi solo, per strada, davanti all'ingresso dell'istituto, a vivere un nuovo incubo. Razionalizzo quanto basta per rientrare e chiedere alla gentilissima persona dell'ufficio prenotazioni di poter parlare subito con l'endocrinologo. La cosa avviene nel giro di pochi minuti. Come in altre situazioni in passato, anche in questo caso ho trovato comprensione e disponibilità estreme, fuori da procedure e formalità, come capita talvolta quando si ha la forza per reagire e soprattutto la fortuna di incontrare ottimi professionisti che sono innanzitutto “esseri umani”. L'endocrinologo mi tranquillizza e mi chiarisce i passaggi successivi: intervento di tiroidectomia totale che sarà effettuato da un chirurgo bravissimo. L'intervento avverrà 4 settimane dopo. In quelle settimane rivivo paure che avevo sperato di non vivere più, ogni tanto mi rassicuro informandomi in rete sull'intervento, sul post intervento, ecc., ma non sempre queste letture attenuano l'ansia, anzi talvolta la accentuano. Il 7 febbraio la tiroide viene asportata, senza danni alle corde vocali né alle paratiroidi, il chirurgo si rivela davvero di una bravura senza pari, rasentando la perfezione, lasciandomi il residuo tiroideo minimo come avrò ben chiaro successivamente e una cicatrice quasi invisibile che porto in ogni caso orgogliosamente come medaglia. Dopo una settimana, l'esito dell'esame istologico mi riporta a uno stato d'ansia notevole, si tratta di un carcinoma papillare di 1 cm, variante a cellule alte ed entrambi i linfonodi asportati presentano metastasi. L'ansia, in questo continuo saliscendi, si attenua notevolmente dopo il colloquio della settimana successiva con l'endocrinologo che mi deve guidare verso la radioiodioterapia, prevista in questi casi di classe di rischio intermedio, visti i 2 linfonodi intaccati e le cellule alte. La frase che liquida di colpo l'ansia e mi fa sciogliere in lacrime è “non si preoccupi, vedrà crescere sua figlia” E ancora: “questo tipo di cellule anche se un po' più aggressive, hanno in ogni caso una crescita molto lenta e noi le combattiamo con la radioiodioterapia e con un controllo continuo, che durerà anni”. Mi sento di poter e dover combattere questa battaglia fino in fondo, con tutti i mezzi necessari, per mia figlia e per me. Il dosaggio di Eutirox è di 200 mg/die. Nel frattempo ho ripreso il mio lavoro e i miei normali ritmi. Dopo un paio di mesi dal consulto, il 16 aprile, mi sottopongo alla radioiodioterapia, senza interrompere Eutirox. Tutto avviene regolarmente, senza effetti indesiderati e il quinto giorno di ricovero nel bunker, all'alba, di nuovo provando un'ansia infinita, mi viene fatta la scintigrafia total-body. Ho il timore che possa essere rilevato iodio nei polmoni e nelle ossa, ma fortunatamente il poco che c'è è solo dove deve essere, nel collo. Tralascio qui le difficoltà psicologiche di mia figlia nei quindici giorni di ricovero+isolamento, dopo quelle dei due giorni per l'intervento. Non le ho raccontato nulla della malattia ma appunto ometto qui i dettagli. che lascio all'immaginazione e alla comprensione di chi legge. Trascorro settimane tranquillissime e a metà giugno finalmente delle parole di liberazione da parte dell'endocrinologo, visti i valori (Tg 0,06, TSH 0,011, Ab neg) e un'ecografia negativa, mi dice: “apparente remissione, ci vediamo tra 10 mesi”. Ed eccomi qui, a marzo 2019, a pochi giorni dal controllo che effettuerò ai primi di aprile. Sono fiducioso, non posso che esserlo, mi sento sostanzialmente bene, solo molto stanco in alcune circostanze, molto più stanco di quanto fossi l'anno scorso, credo però che questo dipenda molto dall'ipertiroidismo indotto. In questi quasi due anni ho passato momenti terribili, l'angoscia e il panico si sono alternati alla sensazione di essere fortissimo, a una sorta di autostima e di esaltazione per aver superato questo ennesimo ostacolo, i sentimenti sono vari e contraddittori; mi dico che ho imparato a gestire i momenti brutti, anche bruttissimi, ma non è così semplice, la paura è compagna fedele e viene fuori quando meno la si aspetta. In questa guerra che mi coinvolge ormai da anni (e che coinvolge tantissimi) ho capito che, al di là della nostra forza individuale che è necessaria ma incerta, sono molto importanti le persone che si incontrano, medici e infermieri preparatissimi e umanissimi, ma non solo, anche chi in un semplice scambio di battute in una sala d'attesa ti strappa un sorriso. Ringrazio per la lettura e per la comprensione. Fabrizio Milano 5 marzo 2019

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