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Il paziente esperto

Aggiornamento: 24 gen 2020

Quando sono stato invitato ad entrare nel gruppo di persone che ha ideato questo sito e l’associazione, ho incontrato per la prima volta il concetto di “paziente esperto”.


Spesso, quando ci si ammala, non ci si dice “io sono un paziente”, lo si è senza attribuirselo come ruolo, senza comprenderne del tutto la portata, anche i diritti sono lasciati in secondo piano. In primo piano, com’è naturale, ci sono la sofferenza e le preoccupazioni per sé e per chi si ha accanto. Sono paziente da qualche anno per ipertensione arteriosa e da poco più di un anno per la tiroide e, in passato, sono stato “caregiver” di persone a me molto vicine.

Non mi sono mai reso conto di questi miei “ruoli”. Ho avuto l’occasione di rifletterci in questi mesi. E ho ripensato alle persone che in questi ultimi anni ho incontrato negli ospedali, negli ambulatori e a casa mia durante le cure domiciliari ai miei cari.

In tutte le esperienze che ho attraversato, ho incontrato esempi di personale medico e infermieristico straordinari, ma anche pazienti che nella mia grezza interpretazione del concetto, definirei “esperti”, persone che cercavano di comprendere attivamente le situazioni, di non farsi travolgere da esse, di ascoltare quello che i medici dicevano e di trasmettere loro i propri pensieri e quello che stavano provando. E anche di condividere con gli altri pazienti le loro informazioni e le loro emozioni, cercando sempre lo scambio, con attenzione. Pazienti che, avendo incontrato medici che hanno dimostrato loro empatia e capacità di ascolto, hanno ricevuto una spinta ulteriore che ha rafforzato il loro comportamento, trasformandolo addirittura in proattivo.


In questi mesi ho scoperto con stupore che da qualche anno in ambiente medico-scientifico si parla di “paziente esperto”, una figura sempre più definita che forse si sovrappone in parte a quelle che ho incontrato io.

Il termine fu coniato dal prof. David Tucket dell’Università di Cambridge nel 1985. Secondo Tucket le cure mediche sarebbero più efficaci se i medici riconoscessero i pazienti come esperti delle proprie patologie. Questa prima definizione si trasforma negli anni, fino ad approdare a quella di “chi mette le conoscenze acquisite attraverso l’esperienza diretta della patologia a disposizione della comunità scientifica, dei pazienti, di altri che possono trarne vantaggio o beneficio” (Taranto 2016). In una tavola rotonda svoltasi a Milano il 22 settembre 2016 “Paziente Esperto - verso una proposta di una definizione condivisa” queste sono le azioni che ci si attende da parte un “paziente esperto”:

1. Gestire efficacemente la propria patologia o aiutare un’altra persona a gestire la propria patologia 2. Informare altri pazienti e/o i loro familiari su come gestire efficacemente una patologia 3. Contribuire al miglioramento dei servizi medici e assistenziali rivolti ai pazienti 4. Contribuire alle attività di associazioni di pazienti 5. Collaborare alla realizzazione di sperimentazioni cliniche relative a farmaci, tecniche e dispositivi medici e alla farmacovigilanza.

In particolare su quest’ultimo punto si incentra l’attività del Comitato Accademia dei Pazienti, una Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale (Onlus) nata nel 2014 con lo scopo di sensibilizzare la pubblica opinione sulla formazione dei pazienti nell’ambito della ricerca e dello sviluppo dei farmaci.


Per arrivare a questa vera e propria professionalità, oltre alla spinta personale, etica e psicologica ci deve essere formazione. Pertanto sono stati attivati i corsi EUPATI (European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation), un progetto europeo nato nel 2012 grazie a una iniziativa di IMI (Innovative Medicines Initiative).

Il 1° corso EUPATI italiano si è svolto a Roma tra il 2018 e il 2019. Gli obiettivi del corso erano: il miglioramento dell’accesso, per i pazienti e i loro rappresentanti, alle informazioni nell’ambito del processo di Sviluppo e Ricerca dei Farmaci, il miglioramento della capacità dei pazienti di trasmettere la formazione all'interno delle loro organizzazioni e la facilitazione del dialogo alla pari del paziente con l’industria, l’accademia, le autorità e i comitati etici, assicurando una sana partnership tra pazienti e parti interessate nella ricerca e sviluppo, promuovendo l’accessibilità e la sicurezza.

L’Accademia dei pazienti ha il suo focus “sull’educazione e la formazione, al fine di aumentare la capacità e la possibilità dei pazienti di comprendere l’attività di ricerca e sviluppo dei farmaci e contribuirvi, come pure per incrementare la disponibilità di informazioni oggettive, affidabili e comprensibili per i pazienti.”

Siamo solo all’inizio, pochi potranno diventare dei “pazienti esperti” con questo curriculo formativo, ma immagino un futuro in cui chi si ammala avrà la possibilità di far sentire sempre di più la sua voce, di essere rappresentato da questi pazienti che hanno ricevuto questa formazione, come affermato da Filippo Buccella, Presidente di Accademia dei Pazienti “I futuri pazienti esperti dovranno farsi carico di un lavoro importante nella nostra società, portando le istanze dei pazienti in tutti i tavoli che si occupano di salute e l’Accademia dei Pazienti sarà al loro fianco”.


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Gianluca Griziotti


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